
Ormai rassegnato al pensionamento senza aver mai allenato nella massima serie, ottiene un insperato salto di qualità quando gli viene comunicato l'ingaggio alla S.S.Longobarda, neopromossa in Serie A, nella stagione 1984-1985. Ad una deludente campagna acquisti, in cui però riesce motu proprio e con l'aiuto di uno scalcinato maneggione (Andrea Bergonzoni, interpretato da Andrea Roncato) a scoprire una giovane promess
a brasiliana (Aristoteles, interpretato da Urs Althaus), consegue un disastroso ruolino in campionato, iniziato con una sconfitta di 5-1 subita con la Roma [3], e seguito da altre sconfitte che lo vedranno bersaglio delle proteste della tifoseria.

La Longobarda tuttavia inizia a risalire la china in corrispondenza con la ripresa fisica e psicologica di Aristoteles, che nel frattempo viene adottato in casa di Canà dove inizierà una relazione con la figlia. Il periodo di grazia della compagine terminerà proprio nel fatidico incontro fra Oronzo Canà ed il suo maestro Liedholm, che si risolverà con un pesante 7-0 per il Milan. Squalificato 8 giornate per insulti [4] all'arbitro durante Juventus-Longobarda, Canà si ritrova dinuovo con la squadra nei guai (anche e sopratutto per un secondo infortunio occorso ad Aristoteles) e nuovamente vessato dai tifosi. Ricorrerà così a goffi tentativi poco ortodossi e scaramantici, anche con la coadiuzione della suocera (intepretata

Tornato in forma Aristoteles, autore della doppietta nella vittoria 1-2 a Roma contro la Lazio, Canà vede la possibilità di salvezza, ed arringa al balcone di casa i tifosi osannanti con un «Domenica un solo grido ci deve unire: Vincere e vinceremo !» che fa chiaramente il verso (anche nella postura) alla dichiarazione di guerra (1940) di Benito Mussolini. Il «perdere e perderemo» della scena successiva, pronunciato da Borlotti (Camillo Milli), porta a galla il vero motivo della scelta del presidente caduta su Canà, ossia quella di trovare un incapace che riportasse dinuovo la squadra in cadetteria, per problemi di gestione finanziaria.
Amareggiato ma costretto obtorto collo ad accettare di far perdere la squadra per non trovarsi nuovamente disoccupato, si prepara all'ultima gara lasciando in panchina Aristoteles finché, convinto dalle accorate richieste della figlia, fa entrare in campo il brasiliano che rovescia il risultato con l'Atalanta che termina 2-1 per la Longobarda, che si salva. Portato in trionfo come un eroe dai capi tifosi, nella confusione della festa viene avvicinato da Borlotti che gli comunica il licenziamento. Di tutta risposta Canà rivela al presidente di essere un cornuto, lasciando sottintendere la tresca fra la moglie (di Borlotti) ed il centravanti Speroni.
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